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Hell’s Race di Grado, 2023
TERRITORIO
Gorizia, la “Nizza austriaca”
A Gorizia abbiamo un modo di mandare qualcuno “a quel paese” piuttosto particolare, che solo i miei concittadini ben radicati possono comprendere:
«Va a contarghe a quei sete in piazza Corno».
«Quei sete» sarebbero le statue degli dei dell’Olimpo scolpite, nel XVIII secolo, sul tetto di Palazzo Attems, in Piazza De Amicis, dal bergamasco Giovanni Battista Mazzoleni. Quando era territorio austriaco, inoltre, questa piazza aveva un nome diverso da quello attuale ed era intestata proprio al Corno, il piccolo affluente dell’Isonzo che la attraversava.
Ricordare detti locali quasi desueti come questo è anche un modo per far sopravvivere la storia della nostra città.
I campanili della chiesa di S. Ignazio visti da via Carducci, una volta nota come via dei Signori.
Una volta, quando Gorizia era parte dell’Impero austriaco, questa strada si chiamava via delle Scuole. Nelle attuali via Santa Chiara e via Mameli avevano sede, infatti, i due principali istituti scolastici cittadini: il primo, gestito dalle suore di Nostra Signora, era riservato soprattutto a studentesse, mentre l’altro era l’imperial-regio Ginnasio statale (Staatsgymnasium), fondato dai gesuiti.
Attraverso i tetti del centro storico di Gorizia è possibile scorgere, poco oltre il confine, il monastero francescano della Castagnavizza (Kostanjevica). Nella sua cripta sono ancora oggi inumate le spoglie dell’ultimo re di Francia, Carlo X di Borbone. Costretto ad abbandonare il suo Regno per le sue politiche molto reazionarie, il monarca trovò asilo, infatti, proprio presso l’allora Impero austriaco, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Trasferitosi nel 1835 a Gorizia – la “Nizza austriaca” – per il suo clima mediterraneo, vi morì pochi mesi dopo il suo arrivo, nel novembre del 1836, a causa del colera che aveva contratto durante i suoi spostamenti.
Una curiosità: si tratta dell’unico re francese sepolto all’estero.
La Gerusalemme sull’Isonzo
In questa via, tra il 1648 e il 1698, fu ospitato il primo ghetto ebraico di Gorizia. Ancora oggi i suoi vicoli offrono uno tra gli scorci più pittoreschi del capoluogo isontino.
La comunità ebraica di Gorizia, oltre alle tragiche vicende subite negli anni dell’occupazione nazifascista e nei secoli precedenti, subì un’ulteriore beffa da parte della Storia: il nuovo confine, istituito al termine della Seconda Guerra Mondiale, determinò l’assegnazione dell’antico cimitero giudaico – sito in Valdirose (Rožna Dolina) – alla Jugoslavia. Per molti anni, quindi, per poter visitare le tombe di illustri cittadini goriziani, come il filosofo Carlo Michelstädter, era necessario ottenere la prepustnica: il permesso speciale che consentiva di attraversare i valichi cittadini per un periodo di tempo e una distanza limitati.
[📸 Valdirose, 24/02/2019]
Villa Lasciac
Visitare Villa Lasciac, nota anche come Villa Moresca, nei pressi della Castagnavizza (Samostan Kostanjevica), mi ha sempre provocato un po’ di amarezza. La ragione? Lo stato di abbandono in cui versa. Tecnicamente non è nemmeno visitabile, nonostante si tratti, probabilmente, dell’unico esempio di architettura neo-mamelucca in Europa.
Ma cosa ci fa un edificio dai tratti così esotici alle porte di Gorizia, poco oltre il confine con la Slovenia?
Merito dell’architetto Antonio Lasciac (1856 – 1946), da cui il nome della villa. Goriziano di formazione viennese, Lasciac soggiornò per diverso tempo anche in Egitto in veste di capo architetto dei palazzi reali dell’ultimo kedivé Abbas Hilmi I, per il quale riedificò la reggia di Abdine a Il Cairo. Nel 1907 decise di acquistare 18.000 metri quadrati della collina del Rafut, dove poi costruì la sua abitazione.
Nel 1907 decise di acquistare 18 mila metri quadrati della collina del Rafut, dove costruì la sua abitazione.
È lui che dobbiamo ringraziare, quindi, se oggi è possibile ammirare dal castello quella particolare torre, alta 28 metri, che, nella forma, ricorda inequivocabilmente il minareto di una moschea.
Il parco della villa – di proprietà pubblica – è anche la sede di un orto botanico, pure questo chiuso, ormai, da diversi anni. La struttura è sopravvissuta a ben due conflitti mondiali, di cui peraltro sono ancora visibili i segni sulla facciata. Speriamo non sia proprio l’incuria di chi dovrebbe preservarne il valore, invece, a decretarne la rovina.
La Valle del Vipacco
La Valle del Vipacco (Vipavska dolina) è una valle che si estende, tra la Slovenia e l’Italia, lungo il bacino del fiume Vipacco (Vipava), il principale affluente dell’Isonzo (Soča).
Tra le sue vigne, oggi in Slovenia, si trova il castello di Rifembergo (Rihemberk), nei pressi di Branik. Questo maniero medievale, che prende il nome dalla casata tirolese di Rihemberg che vi si insediò nel 1230, fu posseduto dai Lantieri di Gorizia per ben 417 anni. Nazionalizzato dalla Jugoslavia dopo la Seconda Guerra Mondiale, si trova oggi in stato di semi-abbandono.
Godette di una piccola notorietà, in Italia, quando fu scelto come location per il castello dell’Innominato nello sceneggiato Rai sui Promessi sposi, diretto nel 1989 da Salvatore Nocita.
Nella parte italiana della valle del Vipacco (Vipavska dolina) si trova il castello di Rubbia (Rubijski grad): una fortificazione che oggi si presenta con una struttura rinascimentale, ma presente in quel punto fin dai tempi dell’antica Roma. Si trattava, infatti, di una posizione strategica per il controllo che garantiva sulle vie che collegavano la pianura padano-veneta a quella danubiana.
Il castello sorge proprio lungo le rive del Vipacco (Vipava), in prossimità del punto in cui affluisce nell’Isonzo (Soča), ed è in una zona – il Carso goriziano – la cui popolazione è in maggioranza slovena.
Secondo una leggenda locale, Riccardo Cuor di Leone vi avrebbe soggiornato rientrando dalle Crociate.
Ma il re d’Inghilterra non fu l’unico ospite illustre. Nel 1563, infatti, visitò Rubbia anche Primož Trubar, considerato il padre della letteratura slovena, e a cui è dedicato un monumento proprio all’ingresso del castello.
Il Carso goriziano
L’inconfondibile campanile a “forma di limone” (1609) di San Daniele del Carso (Štanjel).
[📸 Štanjel, 10/11/2019]
Il Collio-Brda
Cormons
Cormons (Krmin) è un piccolo centro abitato nel cuore del Collio-Brda: una tappa obbligatoria per chi ama i vini della nostra regione. Il comune sorge ai piedi del monte Quarin, da cui è possibile ammirare il punto di congiunzione tra il Collio e la Pianura friulana.
Il Litorale
Trieste
«I am tomorrow, or some future day, what I establish today. I am today what I established yesterday or some previous day». ― James Joyce
Questa statua nel centro storico di Trieste (Trst) ritrae proprio James Joyce. Il celebre scrittore irlandese frequentò per 16 anni questa fiorente città portuale dell’allora Litorale austriaco. Qui scrisse diverse delle sue opere più importanti, tra le quali anche alcuni capitoli di Ulysses.
Carniola
Predjama / Castel Lueghi
Non molto distante da Gorizia – e a soli dieci chilometri dalle celebri grotte di Postumia – si può visitare il castello di Predjama. Questa suggestiva fortificazione medievale, incastonata in una parete di roccia carsica, era pressoché inespugnabile: attraverso una rete di grotte naturali, infatti, era in collegamento diretto con l’altro versante del rilievo.
Pochi sanno che il Castel Lueghi fu anche posseduto dalla famiglia dei conti Coronini di Gorizia all’inizio del XIX secolo.
Bled
«Finalmente il grosso uovo si aprì e lasciò uscire un grande anatroccolo, brutto e tutto grigio. “Sarà un tacchino!”, si preoccupò l’anatra. “Bah! Lo saprò domani!”». – H. C. Andersen
Passeggiando lungo le sponde del lago di Bled, nel cuore dell’Alta Carniola (Gorenjska), si ha sempre l’impressione di fare un tuffo in un luogo fiabesco, fuori dal tempo.
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia». – Dante
[📸 Bled. 26/12/2019]
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[📸 Zgornj Brnik, 15/06/2019]
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Ptuj
Ptuj è la città più antica della Slovenia: reperti archeologici farebbero risalire la sua esistenza all’età della pietra. Questo piccolo borgo lungo le rive della Drava, sito nella parte slovena dello storico ducato di Stiria, conserva ancora oggi, quasi intatta, la sua atmosfera dei secoli passati.
Pensate che qui (Poetovium), nel 69 d.C., Vespasiano fu proclamato imperatore dell’antica Roma dalle legioni del Danubio.
[📸 Velika Planina, 03/11/2018]
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Istria e Quarnero
L’isola di Veglia
Bescanuova (Baška) – come tanti altri centri abitati lungo le coste delle isole quarnerine, all’epoca sotto il dominio della Serenissima – era spesso oggetto di scorrerie da parte dei famigerati corsari uscocchi tra il Cinquecento e il Seicento. Questi pirati dell’Adriatico avevano la loro principale base nella fortezza di Segna (Senj), a sole sei miglia nautiche di distanza, sulla costa dalmata.
«È dolce cosa rammentar nel porto le tempeste passate». – Vincenzo Cuoco
«Perché nulla riesce a fiaccare la natura umana più del mare in burrasca». – Livio Andronico
[📸 Abbazia, 12/10/2019]
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[📸 Pirano, 24/08/2019]
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Stiria
Graz
«I stand on the end platform of the tram and am completely unsure of my footing in this world, in this town, in my family». – Franz Kafka
[📸 Graz, 16/12/2018]
Carinzia
Klagenfurt
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[📸 Klagenfurt, 01/02/2020]
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[📸 Klagenfurt, 01/02/2020]
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Boemia
Praga
[📸 Praga, 25/01/2019]
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Franz Kafka nacque a Praga nel 1883 da una famiglia ebraica aschenazita.
[📸 Praga, 25/01/2019]
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