Regionali in Emilia-Romagna: un caso su cui riflettere

Trieste – Domenica 23 novembre si è votato per rinnovare le amministrazioni regionali di Calabria ed Emilia-Romagna, due regioni i cui vertici uscenti sono stati colpiti da inchieste giudiziarie e scandali che ne hanno anticipato la fine del mandato. In entrambe è risultata ampiamente vincente la coalizione di centrosinistra guidata dal Pd. In Emilia Romagna, storica roccaforte della sinistra, hanno colpito essenzialmente due dati, anche se prevedibili: l’affluenza e il consenso ottenuto dalla Lega Nord.

Quello dell’affluenza, attestatasi al 37,70%, risulta essere un crollo considerevole rispetto alle precedenti elezioni del 2010, durante le quali si recò alle urne il 68,06% degli aventi diritto. Se rapportato al 19,42% ottenuto dalla Lega Nord, un partito euroscettico e xenofobo per cui ha votato più del doppio degli elettori di Forza Italia, il dato sembra rilevante e conferma una tendenza che merita una riflessione.

Finché l’area conservatrice non sarà in grado di esprimere una forza moderata e credibile di opposizione, il suo elettorato sarà caratterizzato da alti tassi di astensione e di fluidità a vantaggio delle fazioni più radicali

È chiaro che, finché l’area conservatrice non sarà in grado di esprimere una forza moderata e credibile di opposizione che colmi il vuoto lasciato da un Berlusconi sempre più affannato e in crisi di consenso, il suo elettorato sarà caratterizzato da alti tassi di astensione e di fluidità a vantaggio delle fazioni più radicali. Per cui c’è da sperare che si riassesti al più presto, a livello nazionale, un quadro partitico più bilanciato di quello attuale, che consenta, nell’ambito di quella logica dell’alternanza essenziale per la salubrità di una democrazia, di evitare la concentrazione di un potere eccessivo nelle mani di un’unica forza moderata come il Partito Democratico.

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Sede della Regione Emilia-Romagna. (Wikipedia)

@TeedGO

24/11/2014

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